venerdì 26 maggio 2017

La Valutazione

L'insegnante di sostegno valuta....

I cambiamenti della società in questi ultimi decenni hanno fatto emergere la richiesta di un apprendimento di livello sempre più elevato e di conseguenza di un apprendimento che non sia semplicemente “riproduttivo” di ciò che è stato insegnato o assimilato dal testo scolastico .

Dunque risulta fondamentale prestare attenzione alla competenza più che alla forma, ai processi più che al solo “prodotto” elaborato, ma soprattutto fare attenzione alle variabili emotivo-affettive che possono condizionare pesantemente la prestazione dell’allievo, soprattutto dell’allievo disabile!!!

I genitori contribuiscono e partecipano a questo progetto di apprendimento, sono anche loro invitati a verificare le richieste educative e a valutare il percorso di apprendimento. Valutando essi stessi quello che il figlio sta facendo, concordano piani di intervento e di collaborazione, controllano il progresso, verificano i punti forza e di debolezza, discutono con l’insegnante propensioni, disposizioni e collaborazioni per superare le difficoltà.

Secondo me la valutazione scolastica ha una complessità di riferimenti e di risvolti che richiedono un elevato livello di competenza dell’insegnante: valutare non è semplicemente attribuire giudizi o voti e non è neppure sufficiente cercare una sempre maggiore oggettività. Come insegnante di sostegno mi sento impegnata a garantire le pari opportunità e sono pienamente d’accordo con don Lorenzo Milani, quando dice – “non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali” e “se si perde loro (i ragazzi più difficili) la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati”. Ritengo che per rinnovare la valutazione scolastica non basti, dunque, introdurre una nuova pratica che rilevi un vero apprendimento; sono indispensabili anche una nuova visione del processo di apprendimento nel modo di concepire l’apprendimento da parte dell’insegnante, nel modo di condurre la didattica, nel modo di relazionarsi con gli studenti e di preoccuparsi della loro motivazione.

Il calcolo delle responsabilità!

La motivazione è uno dei nodi cruciali per una buona riuscita del mio lavoro di docente di sostegno, ogni giorno mi scontro con ragazzi in difficoltà che fanno fatica a vedere l’importanza dello studio e che spesso vorrebbero gettare la spugna davanti le enormi difficoltà che incontrano. Raramente i ragazzi con cui lavoro vedono la motivazione intrinseca cioè difficilmente trovano gratificante l’attività stessa che stiamo svolgendo, spesso devo quindi far leva sulla motivazione estrinseca cioè devo far ricorso a una forma di ricompensa che è poi la reale fonte di interesse. Lavorando con ragazzi diversamente abili ho, quasi sempre, a che fare con ragazzi che credono poco nelle loro capacità, che sono abituati a non far affidamento sulle loro forza e che spesso sono così assuefatti all'aiuto costante degli altri che non vedono il motivo di sforzarsi a far da se: il primo passo del mio lavoro è quindi cercare di trovare un modo per sbloccare l’alunno e svincolarlo dalla dipendenza altrui. La ricerca della motivazione nell'alunno è quotidiana e la parte più difficile è sicuramente ridare fiducia al ragazzo dopo un fallimento, non sempre riesco a far capire che il fallimento è il punto di partenza per l’apprendimento e che dagli errori si impara; per evitare di scoraggiarli cerco quindi di evitare di evidenziare gli insuccessi e di elogiare i successi, cerco di accogliere e rispettare i loro bisogni di conoscenza, prendermi cura del loro processo di apprendimento e di dialogare con loro per recuperare la loro motivazione  e la loro fiducia nella scuola.

Driving question

Argomento vecchio idee nuove! "Un corretto stile di vita"
ne riparliamo insieme!

domande non Googleable

Che significa mangiare sano?

Se mi inviti a cena cosa mi prepari?


E per affrontare La questione nella lingua nel Medioevo

Quale tra i dialetti attuali ritieni possa avere le caratteristiche che Dante riteneva essenziali per la lingua nazionale?

Riflessioni sul PBL

Confesso che prima di questo corso non avevo mai sentito parlare di PBL e che ci ho messo un po’ per capire cosa significasse l’acronimo; il video è stato molto interessante e mi ha chiarito un po’ le idee su cosa fosse e su come si affrontasse il PBL.

Il prof. Zecchi parla di una scuola incentrata sui ragazzi per lo sviluppo di competenze utilizzabili nel quotidiano: questa scuola è molto vicina alla didattica di noi docenti di sostegno che poniamo come obbiettivo principale non la conoscenza in se ma  lo sviluppo dell’individuo. Sono d’accordo che la didattica per PBL sia un modo per non rivolgersi alle sole intelligenze logico-matematiche e logico-verbali e per andare incontro alle diversità dei nostri alunni riuscendo a coinvolgere più efficacemente la variegata platea scolastica.

La scuola di cui parla il prof. Zecchi è una scuola del tutto diversa da quella che noi abbiamo frequentato come alunni, lo so che nel 2017 può sembrare un’eresia ma era proprio così sbagliata la scuola che abbiamo frequentato, la nostra generazione è stata penalizzata dal vecchio tipo di didattica trasmissiva? Se devo essere sincera non credo, forse piuttosto sono gli alunni che sono cambiati, sono gli stimoli che i ragazzi ricevono fin dalla tenera età che hanno cambiato il loro modo di apprendere e la scuola deve evolversi per avvicinarsi ad i nuovi stili di apprendimento degli studenti. La progettazione e lo sviluppo di pratiche didattiche che favoriscono la capacità degli studenti di comunicare, di pensare e di ragionare in modo efficace, di risolvere problemi complessi e di lavorare in modo collaborativo in team diversi, è forse la sfida più importante per chi si occupa di formazione.


Mi viene un dubbio: è giusto che la scuola secondaria di secondo grado cambi didattica in toto e si converta ad una didattica alunno-centrica?
I ragazzi non rischierebbero poi di trovarsi spiazzati all’università dove la didattica trasmissiva è senza dubbio predominante?


Sulla base di queste riflessioni sono d’accordo come dice il professore a non rivoluzionare in toto la didattica ma a creare delle finestre in cui si utilizzare il PBL.





Con chi potrei lavorare?

In corso d'opera...


Lavorando sul sostegno spesso devo pensare ad unità didattiche che si discostano dalla programmazione di classe e che si avvicinano ad una programmazione per competenze; nel predisporre il piano personalizzato devo sempre tener presente degli altri operatori che lavorano con i ragazzi, mi raccordo spesso con gli operatori dell'ASL, con i terapisti, con la famiglia e con il dipartimento di sostegno. Nel pensare ad un progetto non posso, quindi, non ipotizzare di coinvolgere tutti gli operatori con cui mi confronto regolarmente che contribuiscono alla formazione del ragazzi.

Collaborare




L'unione che fa la forza!

Questa immagine racchiude, secondo me, tutte le varie sfaccettature del team work: migliora la capacità di sostenersi l'un l'altro, migliora i risultati moltiplicando i talenti personali, impara ad interfacciarsi con altre persone, sviluppa le competenze comunicativo-relazionali...